Concentrati su quello che conta

Eliminiamo il frastuono intorno ai tuoi investimenti e ci focalizziamo sugli aspetti chiave

Attivo vs Passivo   

La gestione passiva (o indicizzata) si caratterizza per l'assenza di discrezionalità in capo al gestore nello scegliere quali titoli, per quale peso percentuale e quando inserirli in portafoglio. Il portafoglio è infatti composto da tutti i titoli presenti in un determinato indice (o benchmark) rappresentativo di un mercato o segmento di mercato. Indice che viene costruito da società terze rispetto alla società di gestione.

La gestione attiva, indipendentemente dai termini ad impatto trovati da eccellenti squadre di marketing, è sempre riconducibile a due attività: "market timing" (scelta del momento migliore per comprare e vendere) e "stock picking" (selezione dei titoli). La prima è la pretesa di sapere quando entrare e quando uscire da un investimento in modo da evitare cali e beneficiare di salite delle quotazioni. La seconda é la pretesa di sapere scegliere fra migliaia di titoli/mercati/settori quelli che saliranno ed evitare quelli che scenderanno. Chi fa gestione attiva fa pagare commissioni ben superiori a quelle della gestione passiva e in cambio di queste “promette” di generare un rendimento superiore a quello delle gestioni passive anche dopo aver ripagato le maggiori commissioni di gestione e i costi di transazione in cui incorrerà per movimentare il portafoglio.

L'analisi statistica dei dati storici mette in evidenza i seguenti punti in netto contrasto con l'opinione diffusa sull'argomento e con i messaggi che vengono spinti dai media e dagli operatori del settore:

  1. La gestione attiva ha basse probabilità di produrre risultati superiori a quelli della gestione passiva, ma soprattutto più cresce l'orizzonte temporale d'investimento più diminuiscono le probabilità. (Fig.1)
  2. Anche nei casi in cui un fondo attivo produce rendimenti superiori all'indice di riferimento vi sono basse probabilità che continui a farlo. (Fig.2)
  3. Vi è una relazione inversa fra costi e risultati di gestione: più sono alte le commissioni più scendono le probabilità di produrre rendimenti elevati. Ma soprattutto più ampio è l'orizzonte temporale più scendono le probabilità. (Fig.3)
  4. Vi è una relazione inversa fra movimentazione del portafoglio (in gergo "turnover") e risultati ottenuti.  Ma soprattutto più ampio è l'orizzonte temporale più scendono le probabilità.(Fig.4)

La statistica inoltre evidenzia che le attività di market timing e stock picking operate dai gestori attivi hanno successo (ovvero generano rendimenti superiori al mercato) soltanto nel 20% circa dei casi. Inoltre le probabilità di  performare meglio del mercato scendono ulteriormente se consideriamo orizzonti temporali più lunghi (vedi fig.x)

Il rendimento pagato dal mercato è dato dalla media dei rendimenti ottenuti dai singoli partecipanti. Quindi per ogni euro guadagnato in più da uno dei partecipanti vi deve essere un altro partecipante che ne perde uno.

Inoltre gli strumenti attivi (ad es: fondi comuni, hedge fund) hanno costi di gran lunga superiori rispetto alla gestione indicizzata (ETF, vedi dettaglio sotto). Il costo medio di uno strumento attivo varia tra 1% e il 2% del valore investito, mentre il costo medio degli ETF utilizzati da InvestPlan non supera lo 0,20%.

In conclusione:

  1. Solo nel 20% circa dei casi la gestione attiva performa meglio del mercato
  2. Questa percentuale scende progressivamente all'aumentare dell'orizzonte temporale
  3. Nel 100% dei casi il costo della gestione attiva (fondi comuni) supera di 5-10 volte quello della gestione indicizzata (ETF)
  4. Anche laddove il gestore attivo riesce a fare meglio del mercato, i rendimenti vengono fortemente erosi dai costi elevati

Per i motivi di cui sopra InvestPlan utilizza solo strumenti passivi (indicizzati) per implementare le proprie strategie di investimento.

ETF (Exchange Traded Funds)

Gli ETF sono fondi d'investimento quotati sulle borse di tutto il mondo. Come le azioni sono negoziati continuamente durante gli orari di apertura dei mercati. Questo assicura trasparenza delle valutazioni e soprattutto liquidabilità delle posizioni.  A parte rare eccezioni, gli ETF sono fondi "indicizzati" o cosiddetti "passivi" in quanto investono in un paniere di titoli che replica la composizione di un indice di mercato costruito da soggetti terzi (MSCI, S&P, Dow Jones ecc..) escludendo così qualsiasi discrezionalità in capo al gestore: questo consente di ottenere ampia diversificazione e costi molto contenuti.

La liquidità degli ETF è inoltre garantita dall'obbligo di quotazione, sia in acquisto che in vendita, a cui sono tenuti un numero sufficiente di brokers, chiamati anche market makers, come condizione per la quotazione di questi strumenti: in pratica la liquidità dell'ETF è pari alla liquidità ponderata dei titoli sottostanti che compongono l'indice perché il market maker potrà sempre liquidare quote del fondo vendendo le posizioni in cui è investito.

Grazie alle migliaia di ETF oggi disponibili sui mercati è possibile selezionare le caratteristiche più adatte a ciascuna strategia: per esempio si può scegliere fra strumenti a cambio coperto o meno (per non assumere rischio valutario) oppure strumenti che distribuiscono i dividendi piuttosto che reinvestirli. Queste ultime considerazioni hanno rilevanza a fini fiscali  ma permettono anche di personalizzare il portafoglio di chi abbia bisogno di flussi dal proprio capitale investito.

Risparmio fiscale degli ETF ad accumulazione rispetto agli ETF a distribuzione

InvestPlan segue un rigoroso processo di selezione sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo al fine di scegliere gli ETF che assicurino non solo l’esposizione al mercato/segmento di mercato desiderato, ma anche la liquidità, efficienza e caratteristiche necessarie al singolo portafoglio. Vediamo più nel dettaglio:

  1. per quanto riguarda l’esposizione selezioniamo la classe di attivo, il paese o area geografica, la strategia (per esempio growth/value/neutral/capitalizzazione), l’indice che viene replicato.
  2. per quanto riguarda la liquidità guardiamo alla dimensione del fondo, alle quote in circolazione, agli spread fra denaro e lettera, agli scambi giornalieri.
  3. per quanto riguarda l’efficienza guardiamo alle commissioni di gestione, al TER (Total Expense Ratio), al modo di distribuzione dei proventi (accumulazione e distribuzione hanno effetti importanti sui rendimenti di lungo periodo a causa del fenomeno del Compound).
  4. per quanto riguarda le caratteristiche guardiamo alla diversificazione, alla valuta di denominazione e eventuale copertura del rischio cambio, alla piazza di quotazione.

L'Interesse Composto

In finanza l'interesse composto è il meccanismo attraverso il quale i rendimenti generati dall'investimento sono aggiunti al capitale iniziale generando a loro volta rendimento. In termini numerici se investiamo €100.000 oggi e questi rendono il 10% all'anno, l'anno successivo avremo €110.000 ed il rendimento su questi sarà pari a €11.000 e non €10.000 come il primo anno. Dopo 10 anni non avremo €200.000 bensì €259.374.

I benefici dell'interesse composto sono direttamente influenzati dai costi di gestione. Infatti ogni euro speso in commissioni di gestione, di negoziazione o in costi di transazione è un euro in meno che si aggiunge al capitale e che produrrà rendimento domani.

Seppur fondato su semplice matematica questo fenomeno è spesso ignorato dai risparmiatori e dai loro consulenti nonostante statisticamente abbia un effetto dirompente. Si vedano il grafico e la tabella qui sotto: